Mentre il prode GiocherGranpasso è chiuso nelle sue segrete (scrive con una piuma d'oca e calamaio, alla luce fioca d'un cero...) a redigere l'ultima sfavillante fatica speculatoria sulle trasposizioni in celluloide dell'opera di Amado, inauguriamo un nuovo filone, qua dai corridoi di CinematografiaPatologica.
Il Documentario. Disciplina cinematografica primigena, su cui ogni regista prima o poi cade o si esalta, vezzo intellettualoide o palestra per nuove imprese artistiche? Il documentario, si, quello naturalistico che si guardava, ammaliati dalla soave voce del narratore e dalle immagini divine, il lunedì sera a Superquark, oppure quello più pepato e shockante degli "anni 70" (i cosiddetti Mondo Movies) a mostrare stranezze culinarie particolari, modi di morire e gioire il sesso in giro per il mondo; oppure quello più impegnato e d'inchiesta alla Michael Moore che, più adulti si andava a vedere al cinema, spesso cadendo in strana fuffa complottista, a volte in divertenti squarci su realtà sconosciute o, ancora, la nuova tendenza al Mockumentary (sorta di sintesi tra la "realtà inscenate" dei MondoMovies e l'attualità di quello d'inchiesta). Il documentario: forse il modo di fare cinema più diretto e vero...e, soprattutto in era digitale, è più vivo che mai.

Iniziamo questa nostra rassegna con L'IGNOTO SPAZIO PROFONDO (per gli anglofoni The wild Blue Yonder) di Werner Herzog del 2005, una Science fiction fantasy, ci dice il regista dai titoli di testa.
Una produzione AngloTedescoFrancese di 80 minuti per un vero e proprio esperimento cinematografico.
Un mockumentary di fantascienza, qualcosa di completamente diverso, diciamo noi...
Un alieno ( Brad Dourif), da molte centinaia d'anni sulla terra, giunto fino a noi dalla galassia di Andromeda, dal pianeta Wild Blue yonder morente, si confessa. Ci racconta come la sua gente (evolutissimi alieni) sia giunta fino a noi, perfettamente