venerdì 12 aprile 2013

CAPITANI DELLA SPIAGGIA (2011) di Cecìlia Amado


Quel satanasso del  meu Compadre dottor Massis ha l'insana abitudine consolidata di interfacciarsi a tradimento con sinapsi sopite della mia cervellotica volta cranica, scatenando turbini impazziti di contenuti concettuali selvatici e ingovernabili. Solitamente, quando avveniva l'irreparabile in ere più civilizzate, la risolvevamo a facce pari tirando al nascere del sole: sua la responsabilità del fenomeno, suo l'onere di imbrigliarlo.Una boccia di bacche scure distillate tra noi, del fumo.
Ma gli odierni son forse tempi urbani?
Ragion per cui eccomi qui sopra ad inaugurare una trilogia inversa cronologicamente, perversa artisticamente, confusa dialetticamente, ostica stilisticamente, debordante emozionalmente: tre film tratti da altrettanti capolavori di uno stesso autore, Jorge Amado; il più grande narratore sudamericano dell'ultimo secolo abbondante. Garcia Marquez spostati da davanti fammi la cortesia, Borges sei un rimasticatore.
Assicuro e spergiuro che ce l'ho messa tutta, per non arrivare a questo.Tutto è iniziato innocentemente nei commenti di Tropa de Elite., per ambientazione ed argomento indubbiamente ispirato alla produzione impegnata d'inchiesta di cui fu pioniere l'Amado meu. Capo a una settimana, il violentissimo peso stilistico dell'illustre bahiano aveva già prodotto i suoi effetti, nella recondita leva che mi ha portato a confrontarmi con una perla della mia gioventù, come spiegato lì in calce. Poi gli eventi sono precipitati.
C'è pure che il massiccissimo seguito della pellicola recensita dal sobillante Medico (TdE 2- il nemico ora è un altro) nel 2010 ha strappato per successo ed incassi lo scettro di  Più Visto & Amato della Storia dell'Orbe Carioca proprio al film che concluderà questa trilogia: Dona Flor e i sui due mariti (1976) viemmediciotto, il suo prodotto più noto. Quando ho scoperto l'esistenza di ben 10 altri ulteriori riversamenti in video, ho vissuto la stessa identica esperienza di cui ho già parlato qui. Curiosamente , anche i lungometraggi in oggetto presente dovrebbero avere, a posto dello spazio riservato al regista dopo il titolo, un sommario e sbrigativo -  di Maachicaspitavuoicheimporti l'ha scritto... perchè parliamo di opere girate, prodotte, interpretate e distribuite da adoratori degli scritti originari, destinate a fanatici lettori degli stessi.Senza nemmeno porsi millenari e sempiterni dilemmi traspositivi Carta Vs Celluloide, qui si tratta esclusivamente di fruizione elitaria e circoscritta a chi i libri in questione li ha amati, riletti, compresi, mangiati, mandati a memoria. E sono legioni.
Io sono tra loro; lo sono al punto da essermi visto questo Capitães da Areia, diretto dalla nipote dell'Autore due anni fa (appositamente per la celebrazione del Centenario della Nascita del Nonno) direttamente in Bahiano de Rua stretto ed analfabeta, senza sottotitoli nemmeno in finnico sud orientale, potendolo seguire tranquillamente, emozionandomi. Se le mie affannosamente curate ricerche non hanno fatto cilecca, dubito persino che esista una versione in idiomi vagamente più comprensibili.


I Capitani della Spiaggia sono I Meniños de Rua di São Salvador da Bahia de Todos os Santos,
meravigliosa città dal nome più lungo del mondo. Tutti i meninos de rua. Di ogni epoca. Lo sono perchè quando vennero resi immortali dalla penna dell'allora ventiquattrenne scrittore, quella definizione in portoghese non esisteva, ed il Brasile- bene, e più in grande il Mondo, ignoravano la terrificante realtà che oggi invece fingono di conoscere. Era il 1936.
Temuti ed incontrastati padroni dell'arenile non ancora turisticizzato, la centuria di orfani disperati in età compresa tra i 10 e i 16 anni  fa la fame tra furti, scippi, alcolici scadenti, coltelli, pistole arrugginite, accattonaggio e carità sia cristiana che Voodo; la loro 'base' è un decrepito capannone abbandonato dai pescatori alle intemperie e al mare. La gang è diretta e organizzata da un triumvirato epico per caratteri e personalità, ragazzi venuti su letteralmente dalla polvere della strada, soli, duri, disperatamente adulti: l'enorme Negro caporeista buono e generoso João Grande, il "Professor" João José, l'unico che sappia leggere, divorato dal demone dell'intelligenza e dell'Arte, ed il leader maximo Pedro Proiettile, scaltro, coraggioso, temuto da sbirri e malviventi più adulti..

Proiettile, ò Professor e ò Grande
La batteria da romanzo criminale è composta da altri personaggi eccelentemente configurati, tasselli fondamentali nel mosaico di denuncia poetica, struggente, che non sfocia mai nella pietà, dotati di una propria dignità venata di leggenda. Seguiamo le gesta del Gato, vero nonno in tutto e per tutto der Dandi, nell'incongruente situazione di voler sempre essere vestito bene pur vivendo di espedienti an plein air; la vicenda integralmente Olivertwistiana di Gamba-Zoppa che si fa adottare temporaneamente da due ricconi di buon cuore, per poi fare da talpa per svaligiargli la magione senza quasi rimorso; la ferrea volontà delinquenziale del Siccità, che lo porterà a diventare un famoso bandito nel Sertão, la frontiera più che western di Corbucci dell'immenso Brasile; il durissimo quanto infante Barandão; il Lecca-Lecca, avvinto ad una istintiva e purissima vocazione religiosa coltivata letteralmente nel fango, davanti ad un tabernacolo di immagini rubate; a vegliare su di loro Il Benedetto-da-Dio, personaggio storico della Bahia del tempo,alto nelle gerarchie della Cadomblè ( il Voodo sincretizzato nel cattolicesimo, spina dorsale e sistema nervoso della città salvadorena) letale ed insuperato caporeista.


Barandão
il Gamba -Zoppa
ò Gato

Il Lecca Lecca
.... E poi Dora....

Pre-pre-pre adolescente e già donna, adottata, protetta e amata dai Bimbi Sperduti della baracca sulla battigia, di cui diventerà la Wendy Moira Angela Darling stracciona.Contesa con lealtà e passioni agli opposti tra i due amici fraterni Pedro e João, senza che mai tra loro finisca aschifio.
I personaggi sono la trama. La trama si compone della città e dei suoi riti criolli, attraversati dalla corsa scalza di questi monelli letali, verso una crescita solo anagrafica.

La trama del libro, intendo.
Quella del film stà all'altra come le vetrate istoriate di una chiesa gotica stanno all'intero edificio. 
Che importanza possono avere costoloni, archi rampanti e contrafforti, mentre sei abbaccinato da una doccia cromatica di impressioni? Vero: non potrebbero elevarsi così leggere ed imponenti, senza la struttura che le innalza e racchiude.Non riuscirebbero mai a dare quell'effetto; mentre sei lì davanti però, tendi a sbattertene. Così, chi si trovasse a guardare questo film, privo ahilui delle vite e degli spiriti dei personaggi dipinti da Amado con tratto inedito per dolcezza e privo dell'usuale sanguigna sensualità della maggior parte dei suoi romanzi, sicuramente avrebbe di fronte una puerile versione di Cidade de Deus di Fernando Meirelle, una zuccherosa ribaltata della prima spettacolare parte di The Millioner di Boyle, una visione cabloca dei Ragazzi di Via Paal (Monicelli '35 o Zoltán Fábri '69, a seconda dei gusti).
Sacrosanto quanto ricorsivo, considerando quanto soprattutto i primi due e più noti debbano a questo romanzo.Ma qui si parla di trasposizione cinematografica e mi atterrò a quella.
Cecìlia Amado è innanzitutto qui alla sua opera prima, dopo una lunga gavetta nella Fabbrica Audiovisiva del suo paese, che l'ha vista tra l'altro come assistente alla regia nella serie tv tratta proprio da Ciudade de Dios, ne cura la sceneggiatura e la produzione, coadiuvata fortunatamente da un dotatissimo direttore della fotografia, responsabile di grossa parte del pathos di resa. Il cast è composto da veri bambini di strada brasiliani selezionati in centri di recupero sociale, cosa che ovvia all'eventuale ignoranza degli interpreti del Sacro Tomo originario e che dona al parlato dei dialoghi una vena realistica quanto remota da un portoghese comprensibile. Consapevole di non poter certo nè tirare fuori un girato originale o più shoccante di ben altri massicci precedenti, nè ricostruire fedelmente la fioritura da giungla tropicale delle trame fiabesche e profonde del nonno, la Amado si concentra su rendere giustizia allo spirito dei Capitani, purificandolo da quella che per 40 anni è rimasta l'unica versione mai offerta alle sale.
Colpo di Scena :



Uno dei film americani di maggior successo di pubblico e critica in SOVIET RUSSHKA (!!).
Girato nel 1969 col titolo di The Sandpit Generals da un dotato pazzo impegnato politicamente e culturalmente di nome Hall Bartlett , autore di un titolo come Unchained nel 55 e di un Drango nel 57 (CIOENONSOSE...) fu completamente ostracizzato nel suo paese, gli States, per le pesanti tematiche socialiste della pellicola girata interamente in Salvador, e dopo tre anni doppiato benissimissimo in russo e salvato dall'oblio, oltre che adorato da milioni di proletari. I primi 50 minuti netti, precisi e soffusi di saudade del romanzo, con l'unica pecca, dovuta alle censure e alle leggi dell'epoca, di fare intepretare tutti i personaggi principali ad attori trentenni, con un effetto distorcente a dir poco straniante. Dal minuto 51 in poi una svaccata filoborghesuccia lisergico/onirica orripilante, figliata dal culo con West Side Story. Nel totale, un bellissimo esempio di stilemi e tecniche cinematografiche e musicali di quel periodo strafatto e strafigo, fin dalla locandina.


 La so! C'è scritto "Fratelli Coltelli"
La regista dal cognome pesante svolge egregiamente il compitino, dando la possibilità ai milioni di lettori del nonno di rivedere sullo schermo i volti degli eroi di uno dei libri più atipici del suo panorama produttivo. Non può avvalersi delle ambientazioni più fedeli, di cui invece Bartlett aveva potuto servirsi con spledidi risultati, dato il boom economico ed urbanistico del Brasile degli ultimi quarant'anni, indi si butta sulle amosfere, gli intensi passaggi chiave della storia, srotolando frammenti di trama, dando per assodatissima la conoscienza dei retroscena, quelli più scabrosi o sporchi, quotidiani. Tutto è lieve e colorato, anche nella tragedia, nei riti pagani, nel sesso, nella violenza.

Sa emozionare,dicevo all 'inizio, questa pellicola ben recitata ed inquadrata. Probabilmente potrebbe farlo anche con chi, miserrimo, non conoscesse la prosa strepitosa del libro. O con chi, beato, comprendesse la pronuncia dei bambini analfabeti delle favelas.
Ma che importa, in questa sede stò cogliendo semplicemente l'occasione di invitare chiunque a mollare tutto e recuperarsi un capolavoro della letteratura mondiale.Subito.




Il trailer sottotitolato (almeno quello)




7 commenti:

  1. Ecco, adesso ricomincio a buttar giù la mia solita mareggiata di lacrime. Sono giunta a scovare questo film dopo una folgorante illuminazione e non rimpiango di averlo visto.
    Poi mon tresor ha beccato anche la versione Russa più datata e....esilarante! Dal 50° in poi avrei ucciso regista e protagonisti. Si, sono intollerante, soprattutto se mi si rovina un capolavoro di emotività come questo libro!

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  2. Tosta la pellicolina... mai vista ma dopo city of god sono pronto a tutto :-)

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  3. Grazie per la recensione.
    Quel "Borges rimasticatore" mi ha colpito; qual coraggio. :D
    E che ne pensi di Cortàzar?

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  4. @ dama: almeno qualcuno che puo' testimoniare la visibilita' di entrambi.

    @massis: quale dei due? Per me tu impazzisci con i Sandpits,te lo puoi anche far tradurre facile. ;)

    @Liguer benvenuto! Perche' mi ringrazi?
    Cortazar lo conosco proprio grazie a borges (che in realta' venero per l'inventiva e la gigantesca erudizione) ho letto due cose sue, quello strambo con i capitoli leggibili in diverse concatenazioni (che mi ispiro' la struttura di una poesia) e il bestiario, ma non mi ha mai colpito molto. Ovvio comunque che i miei giudizi fossero appositamente partigiani ;) ...che dire allora di guimaraes rosa?

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  5. Ti ringrazio per la recensione, per avermi fatto scoprire un nuovo film, per avermi ricordato che esiste Amado (e che mi dimentico sempre di continuare a leggere) e per i complimenti per le mie poesie. :)
    Guimaraes Rosa purtroppo non lo conosco. :(

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  6. Ora.si! vai di "Grande Sertao" non te ne pentirai..

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  7. "Bandido del sertao , sole e deserto fanno il samba su di me..." cit.

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