lunedì 24 giugno 2013

WANTED (2009) di Prabhu Deva [2-4]



 Benritrovatissimi al secondo segmento narrativo di questo viaggione nell'epica ipercinetica di un mondo cinematografico ALTRO come pochi possono essere. Foriero non solo di smargiassate registiche, costumanze scostumate e momenti mori ad un certo modo anche occidentale di imbastire trame e mettere su digitale personaggi incresciosi, ma soprattutto di squisita inconsapevolezza di mezzi espressivi, drammatici nel comico  e scompiscianti nel tragico, di accostamenti d'abbigliamento rivoluzionari del pranzo in panza.
Si può però davvero pretendere di relegare nella semplice inadeguatezza cognitiva dei fabbricanti, un segmento così prepotente del broadcasting mondiale, che vanta appassionati in tutto il globo terracqueo, Italia compresa (senza far leva necessariamente sui numerosissimi nativi in diaspora) ? Qui folle deliranti si bevono le seghe di Twilight , Fast & Furios, American Pie o serie televisive/reality destinate ad un targeting dichiaratamente stazionante un quattro gradini al di sotto della nicchia evolutiva Sapiens ... e vogliamo essere proprio noi a giudicare? 
Si legga, ad esempio, la review fatta all'epoca del lancio, dall'autorevole Times of India.( Per in non anglofoni riassumo informando che il film viene presentato e categorizzato perfettamente in un filone "datato" di due decenni rispetto al gusto attuale Bollywoddiano. In pratica: un'operazione di riesumazione di uno stile action macho alla "Jimmy Bobo"  & Co.  ANNI PRIMA di quest'ultimi. Con il medesimo successo di pubblico e critica.)
Ma ciancio alle bande, come direbbe il Dotto.EhiOohh!
Belli freschi ed atticciati, appizzati e atterriti, eccovi, sempre a passo praticamente e bollywoddianamente uno, sessanta ulteriori minuti di WANTED!!

martedì 11 giugno 2013

WANTED (2009) di Prabhu Deva [1-4]


Da qualche tempo ho una nuova turpitudine. Chi può sapere se derivi dalla contaminazione continua cui sono sottoposto nel bivaccare  in una realtà anagrafica che vede ufficialmente i casati Hindi superare quelli autoctoni; se attraverso i timpani il gloggottio, alieno a qualsiasi fonema cromosomicamente consono, sparso incessantemente per le strade, abbia riassettato quotidianamente i gangli neurali del gusto; se le mie froge siano state troppo a contatto occasionale con cipolle indiane mefitiche e curry strafritto nell'aglio, sballandomi la mitica Sospensione dell'Incredulità, o semplicemente se mi sia addentrato troppo spesso in luoghi del Blogverso dove assisto inorridito ed impotente ad elegie di qualsiasi nefandezza registica ed attoriale, scritte con la più entusiastica cruda ignoranza di mezzi e linguaggi. Chissà.
Sarà che la leviatanica landa cinematografica con sede a Mumbai, dai confini sterminati e gremita di prodotti quanto di persone il  paese, ha sempre operato su di me un fascino blasfemo, un richiamo mutuato dall'antichissima mitologia di quella incresciosa multicultura monociglio che brulica penzolando da 10.000 anni sotto il massiccio orografico più imponente della crosta terrestre.
I motivi saliranno a galla dal maelstrom mano a mano che ci addentreremo insieme e per la prima volta in questo universo bambino e vegliardo, insieme ingenuo e pudico quanto spregiudicatamente decadente di stravizi osceni reiterati nelle ere. Per farlo, ho dovuto prima impratichirmi sul campo di generi e realizzazioni, sciacquar panni in Gange, distinguere di decenni produttivi e filoni etnici, discernere su graduatorie alfabetiche impensate, superare trincee ampie e profonde scavate dal gusto occidentale, l'ottica paneuropea, dal palato viziato e selettivo comunemente detto Sciccoso e Radicale dai tamarri.
Si: ho preso il vizio del Cinema di Bollywood.
E' cominciato tutto a piccole, spassosisime dosi, come sempre. Sbellicanti spezzoni, trailer ODDIOMACHEE''?!?, paradossali mimiche arciconvinte, notizie fantasiose ammantate di cruda realtà, cifre scandalose di produzioni e odience, interpeti maschili di greve ed affranta bruttezza adorati come divinità, divinità femminili di somatica ultraterrena ad interpretare attrici. Sarebbe semplice paragonarne impatto e assunzione gustativi a quello che si ha con la gastronomia locale. Semplicistico e fuorviante: qui ci vuole molto più stomaco, e un palato calafatato con la ghisa. Ma non solo: è un esercizio intellettuale estraniante e generoso, un viaggio interplanetario e temporale, verso una meta stilistica e componitiva remota nel nostro futuro culturale ma in cui, inconsapevolmente, l'Occidente stà muovendo i primi passi.
Con all'attivo decine di ore di lungolunghissimimetraggi (la media si aggira nei 150 minuti a botta), autentici parchi a tema di sterminante caleidoscopica idiozia involontaria, trashumine elevato al cubo su vette inesplicabli di orrori estetici, sfondoni di sceneggiatura commensurabilmente pietosi, montaggi di pellicola gettata volontariemente attraverso un ventilatore, inquadrature ubertose nella loro leziosità involuta; ho deciso di mettere a parte i colleghi di Cinematografia Patologica dei miei orgiastici ottovolanti di visioni smandrappate, con una selezione esemplificativa di quello che al di qua del continente indiano è considerato il Bollywood Style.
Ammessa l'osticità del soggetto, non mi accontenterò di una vigliacca descrizione, magari allettante, per poi nascondermi in attesa che qualcuno abbia il coraggio e la charas bastante per sorbirsene la visione. Nossignore.