domenica 17 aprile 2016

HARDCORE HENRY (2015) di Ilya Naishuller



(Anteprima del Primario dalla Morgue)

Lo devo ammettere, non ho potuto resistere! Come diniegare l'invito congiunto del sommo Aristarco di Samo, uomo di tradizione mitologica, e del misterioso CF creatore di storie a vedere il film che s'annuncia essere tra i più innovativi e gGGgiovani del 2016? L'unico ad essersi pentito della scelta filmica è forse lo stesso buon Aristarco che ha dovuto combattere col Mal di Mare tutto il tempo, a riprova onorevole della sua totale lontananza dal mondo video ludico. 
Si sarà pentito anche il giovinotto che a 10 minuti dall'inizio è stato portato via dalla fidanzata imbufalita dall'ultraviolenza e psicopatia dei primi minuti, mentre lui non riusciva a staccare gli occhi dallo schermo?


lunedì 29 febbraio 2016

LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT (2015) di Gabriele Mainetti




Anteprima (postdatata) dalla Morgue


Avere la propria generazione a produrre contenuti ha indubbi vantaggi ma si porta dietro  SE grossi come l'estensione di una metropoli di media prestanza.
La teoria, spremuta dalla storia, postulerebbe l'assoluta normalità del meccanismo biologico della sostituzione anagrafica nella gerarchia decisionale e creativa: in un modo o nell'altro, è pressochè ovvio che per attrarre la fetta più ampia di Potere d'Acquisto, vengano chiamati a pensarsi prodotti quelli che la sentono, vedono o semplicemente sono stati svezzati, nello stesso modo dei potenziali clienti, mano a mano che le generazioni passano.
SE questo si traducesse ( si fosse tradotto o si tradurrà) papalepapale nella realtà automaticamente, simpaticamente e rasserenamente perchè meritorialmente, non ci sarebbe bisogno di dicotomizzare Teoria e Pratica.
Mi sa che sia pressochè ovvio anche questo.

martedì 23 febbraio 2016

THE HATEFULL EIGHT (2015) di Quentin Tarantino


 Al Primario a questo giro sarebbe dovuto  toccare, per la prima volta in vita, di vedere un film al cinema da solo. Un po' lo desiderava anche, per creare un po' di quella intimità che fra lui e Quintino non c'è mai stata, Perchè i suoi sono sempre stati film da vedere almeno in due, da condividere, da spacciare come un pusher a chi non conosceva la nuova sostanza psicotropa,  anche solo per avere un altro con il quale strabuzzare gli occhi, o per vedere replicato lo sguardo compiaciuto ed esaltato nelle esplosioni di violenza, o per ondeggiare le teste al ritmo delle musiche selezionate.Stavolta sarebbe dovuto essere un tet a tet, nello splendore dei 70mm, due nerd postmoderni, uno dietro la macchina da presa, l'altro dietro il suo sguardo truce, un barile di pop corn ed un termos ghiacciato di Schweppes al limone.
Invece il caos legalizzato che chiamiamo universo ha congiunto i suoi astri e grazie al Mitiko Aristarco di Samo, uomo degli assemblaggi improvvisi, Il Primario è stato arruolato in una banda di Magnifici Sette, pronta a confrontarsi, retine spianate, con i fantastici Odiosissimi Otto che Mastro Quintino ci ha confezionato. I suoi compagni di viaggio sono affidabili e fini conoscitori della materia cinematografica, maestri di sceneggiatura e quarti dan di critica cinematografica patologica, ma prima che il film inizi non arrischiano pronostici o commenti, tutto è fermo, come gli istanti che precedono un triello, non cigola nemmeno la porta del saloon, tutto è ovattato come sotto metri di neve..... 


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La guerra Civile è finita, non la violenza o la durezza delle condizioni di vita e climatiche nella frontiera selvaggia. Una diligenza inseguita da una terribile tormenta di neve caracolla verso la cittadina di Red Rock al suo interno il

martedì 9 febbraio 2016

ZORAN, IL MIO NIPOTE SCEMO (2013) di Matteo Oleotto


" Alfio io lo so come la pensi...però secondo me la religione non serve a niente:
se sei mona* e credi in dio, crederai nel dio dei mona."


Si:  ho inserito la 'frase del film' in capo e non in coda.

Perchè:  non c'entra quasi nulla con film e storia, personaggi ed ambientazioni, per come e per cui, ma è la maniera migliore d'introdurlo e farvelo annusare.

Di nuovo si : parlasi di cinema italiano recente e con entusiasmo. Con la medesima ingravidatura di paciosa soddisfazione ch'ebbi l'ultima volta per una pellicola uscita quasi in contemporanea (con caratteristiche per altro similari in genesi e struttura artistica alla presentatavi qui di seguito) e che per altro doveva anticipare di un paio di giorni l'uscita di questa recensione commentativa e poi invece son passati tre anni. Quindi tenete buono tutto il discorso ed il film di cui prima e abbiate la compiacenza di ammettere che, un migliaio di albe scialbe circa addietro, precognizzai allegramente l'attuale scenario pellicolo italico che vede l'ultimo meraviglioso Caligari (-daun'ideadiValerioMastrandrea) apripisteggiare situazioni del genere "Lo chiamavano Jeeg Robot" e"Sempre meglio che Lavorare" dopo "Suburra" e tutte quelle altre simpatiche iniziative di genere che sappiam fare bene solo qui. Diciamoglielo. Di nuovo. Di brutto.

lunedì 4 gennaio 2016

SUBURRA (2015) di Stefano Sollima



I corridoi di Cinematografia Patologica non si fermano mai.
Non esiste Capodanno nè Natale, noi si macina filmoni e filmacci in continuazione, anche quando non si scrive, cogitabondi andiamo verso il mondo, confondendo spesso quello reale e quello di celluloide o digitale.
Spesso, soprattutto al passaggio tra vecchio e nuovo, tra anno ed anno, tra notte e giorno, tra una colica ed un infarto, ci si guarda alle spalle a rimirare cosa l'appena trascorso ci ha lasciato cinematograficamente parlando.... ed è praticamente impossibile non incappare ammirati in Suburra, l'ultima fatica del sempre amato Stefano Sollima.


Roma. Novembre 2011. A poche settimane dalle dimissioni di un Papa vecchio e stanco, a pochi giorni dall'Apocalisse, la Capitale è quella di sempre.
Cementata d'intrighi tra Criminalità e Politica, sudata tra le cosce di prostitute minorenni impastate di coca ed eroina, violenta nel suo darti del Tu anche se non ti conosce oppure nel suo colpirti con un cazzotto per rubarti il cellulare ed i pochi spicci che porti, è la rappresentazione di un futuro distopico evolutosi dalla Roma di fine anni 70.
Si comprende troppo tardi, di trovarsi nella realtà, cambiano solo i nomi, anzi quelli sono sostituiti da soprannomi o titoli di fantasia inventati da un Romanziere.
I personaggi, fissi come in una becera commedia dell'Arte, ci sono tutti: il politico Corrotto On.. Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino); Il malavitoso Ostiense Aureliano "Numero 8"