sabato 10 agosto 2013

DJANGO 2 : IL GRANDE RITORNO (1987) di Ted Archer


L'aria è sempre più rovente, ma grazie ai prodigi della scienza condizionata, dai corridoi di Cinematografia Patologica resistiamo, quindi giammai desistiamo dall'intento di portare avanti la rubrica: "Tutti i Djanghi...". Se ricordate, il tutto nacque sull'onda del successo del Django Unchained, unico vero campione d'incassi del 2013. Abbiamo trattato il capolavoro di Corbucci del 1966, ed ora? Facciamo un salto temporale di ben 20 anni, tanto i fans dell'originale ed unico Djangoooo ebbero d'aspettare per vedere il sequel ufficiale, pentendosi di ciò che desiderarono, poveri illusi, dopo appena pochi minuti di visione...
Come ci ricorda un incipit nostalgico e inutilmente simbolico, sono passati vent'anni e Django (Franco Nero l'unico e inimitabile) ha deciso di farsi prete e di trasferirsi in un convento in Colombia, in pratica spacca legna e prega, in un'auto-imposta clausura: adesso si fa chiamare padre Ignacio (sic!).
 Dal passato spunta però una bella topa,
la contessa Isabella (Licinia Lentini), con la quale ci fu del tenero prima dei voti di castità, da questo tenero pare sia nata un bimba, tal Marisol. Questo fatto viene biecamente usato dalla donna per convincere il nostro eroe a tornare a raddrizzare torti in un mondo divenuto, nel frattempo, violento, schifoso e pieno pienissimo di schiavisti e negrieri.
Dopo un periodo di riflessione Django, bontà sua, decide di tornare. Vestito da Domenicano, va alla ricerca della sconosciuta figlia, la quale è stata appena rapita dal boss di tutti gli schiavisti il principe Orlowsky (Christopher Connelly) detto il diavolo, un balordissimo appassionato di entomologia con schiavetta colored a carico, si aggira per i grandi fiumi colombiani capitano della chiatta "Mariposa Negra" con la quale trasporta il suo carico umano. Django parte alla ricerca della barca e della sua Marisol, decide di provare la via del cristianissimo dialogo, venedo sbeffeggiato e schiavizzato a sua volta. Nella cava dove lavorerà troverà il buon professor Ben Gunn (l'immortale Donald Pleasence), che gli darà una mano a fuggire per riorganizzare il proprio piano. Capirà a questo punto il nostro eroe di dover tornare ai grevi e smitragliettanti vecchi tempi? ma soprattutto, è ancora in grado di reggere il Mauser? la risposta è Si, anche se il carrofrunebe è usato tipo Batmobile ed il carismatico mitragliatore non è lo stesso di vent'anni prima, nemmeno lui povero...



 Uno degli scopi della pellicola era quella di rilanciare il western all'italiana: Missione Fallita.
Presagi di non riuscita si ebbero quando Corbucci, padre degenere, rifiutò di curarla. Ne venne dunque fuori un prodotto debole, revivaliero ma troppo ingenuo, col merito di aver inserito la tematica schiavista, che dopo altri venticinque anni ispirerà il Tarantino nostro nella stesura della sceneggiatura del suo Django Unchained, (solo ispirato eh!).
Siamo dunque costretti ad assistere ad un Django troppo gesucristizzato e imbevuto di distorta morale cattolica (altro che "porgi l'altra guancia") rispetto alla vera e propria macchina da guerra ed epicità di vent'anni prima.

"Padre! ... Perchè mi hai abbandonatooo!"
Non mancano i momenti di comicità involontaria, banalità e improbabilità, il tutto confezionato in una grana da film per la televisione e un'atmosfera che rimanda più a certi pornazzi di Mario Salieri o a qualche Z-Horror di fine ottanta. Non male l'idea di una location sub-tropicale, suggestivo anche il battello e il grande fiume, ma andavano senz'altro sfruttati meglio.
La sceneggiatura prende varie cantonate e da metà film in poi è quasi inesistente con personaggi che entrano ed escono, morti ammazzati senza costrutto, poco condivisibili pretesti a giustificare le colorite vendette perpetrate dall'invecchiato ma ancora piacente eroe. Si arriva a fargli ammazzare i cattivi con qualunque cosa, tra cui ricordiamo un candelabro ed un confessionale in legno..'Nuff Said.


Il regista, per questo ed altri motivi, pensa bene di accreditarsi con lo pseudonimo Ted Archer.
Il suo vero nome è Nello Rossati che ha all'attivo tutta una serie di commedie sexy e trash di fine anni settanta tra i quali spicca il cult "Io zombo, tu zombi egli zomba", parodia del capolavoro non-morto di Romero, piuttosto godibile e ridanciano... Qui cerca di salvare il salvabile di una sceneggiatura catastrofica,(di cui è coautore).Dietro la mdp non gira male, soprattutto le scene sul fiume o alcune sequenze puramente d'azione, ma i difetti del film sono troppi e i tempi in cui bastavano due pistole ed uno sguardo di ghiaccio che mastica un sigaro sono finiti....purtroppo.



Franco Nero è sempre lui, bello grintoso, dall'occhio ceruleo, il fare da cinquantenne che ancora acchiappa, ma il tempo passa per tutti, e il suo personaggio risulta molto lontano dal mito assoluto pensato da Corbucci nel 66. L'attore era praticamente fermo da qualche anno, anni nei quali ha impollinato in lungo e largo la Colombia tutta, spargendo figli dall'Amazzonia a Panama, riconosciuti e no. Dopo vent'anni risulta un trito eroe action con le sue frasette ad effetto, non dissimile da un Rambetto o Commando qualsiasi. Il look è l'unica cosa futuribile, nel senso che solo Lorenzo Lamas negli anni 90 oserà adottarne uno similare.
Lorenz...ehm..Franco Nero

Ciliegina sulla torta, a conferma dei picchi di demenza di cui è ammantata la pellicola, è l'introduzione delle bolas (si avete capito bene delle bolas ), come arma di offesa usata da Django, risulta peraltro chiaro da come le maneggia che sa a mala pena pronunciarne il nome...
"... lancio di bolsas..bolmas..BO-BOLAS!... opplà!"
Non malissimo Christopher Connelly, un bel cattivo sanguinolento, dalla turpe vita sessuale, principe ungherese nazistoide...anche se ci sarebbe voluto molto più carisma. L'interpretazione è il canto del cigno dell' attore che l'anno dopo ci lascerà a causa di un male incurabile.
Christopher Connelly e schiava...

Menzione di lode a Donald Pleasence nel ruolo di Gunn, un vecchiarello acculturato e schiavo che dovrebbe , secondo le intenzioni del regista, stemperare la tensione con battute. La cosa riesce parzialmente non certo per demeriti attoriali. Anche perchè parliamo di Pleasence un attore dalla carriera sconfinata, versatile come pochi, mito totale del genere Horror, immortale nell' Halloween di Carpenter.
 

Interessante la scelta del ragazzetto Indio come spalla alla Robin per DjangMan. Egli vuole recuperare la testa di suo padre, un ribelle, issata a monito imperituro sulla prua della Mariposa Negra...Lui si, sa usare le bolas.
ragazzetto Indio e padre, di nuca...

Le donne sono la vera bizzarria dell'opera, personaggi per nulla tratteggiati, ma capaci di insensate ed efferate scelte, veri motori della vicenda. A partire da colei che va a scovare Django, la contessa Isabella ( la pur brava Licinia Lentini che appare eterea come un fantasma per morire velocissimalmente un fotogramma dopo. Oppure La schiava di Orlowsky, (di cui non è certo il nome..forse Licia Lee Lyon ?) una sorta di regina del sadomaso, seminuda, un amazzone frustatrice, nera come Rocky Roberts. In una scena è convinta di torturare un branco di schiavi condannati alle galere della nave, versandosi dell'acqua addosso e facendo bere gli stessi dalle sue terga....una roba che non ha un senso... 
...
...sembra tutto tranne che una tortura.
Altro personaggio femminile, che appare ad un certo punto senza un perchè, è Donna Gabriella (Consuelo Reina), nobilschiava prigioniera, che contende il cuore del "Diavolo" Orlowsky alla Feticista Nera, millantando conoscenze altolocate e frequentazioni nobili in tutta Europa, il tutto su di una chiatta, su un emissario del Rio delle Amazzoni, con ill 99% di umidità, con un ombrellino da sole in mano...
...come resisterle!

Nemmeno la colonna sonora centra il bersaglio! Musiche barocche e classicheggianti vengono fuori da sinth anni 80 odiosi, atmosfere forse più adatte ad un horror o ad un thriller che ad uno spaghetti western, effetti sonori della mia pianola bontempi delle medie. Vista l'illustre tradizione musicale asservita al genere, da Morricone in giù, ci si aspettava molto molto, ma molto di più dal compositore Gianfranco Plenizio.

...Ancora una e poi andiamo:
Pellicola comunque cult.
Perchè come tanti secondi capitoli non è riuscito, perchè la lunga attesa ha reso vano il progetto, perchè ci sono un sacco di spunti approfonditi male, bizzarrie divertenti... ma soprattutto perchè grazie a questo film la leggenda di Django è viva e vegeta...


1 commento:

  1. Per la Barba di Giosafatte, che ciofeca!
    Incredibili gli spunti palesi dati al Quentino!



    Ma perche' caspita con tutta la casistica a sfavore nei decenni anche piu' ingenui,quegl'irredenti dei cineasti seriali non la piantano coi sequel?? Essi' che di tranvate n'faccia ne han prese parecchie.....

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