mercoledì 7 settembre 2011

2046 (2004) di Won Kar Wai


Sbuchiamo, ciechi come talpe, fuori da un tombino arrugginito. Le immagini distorte dalle lacrime che il sole ci dona. Piano, piano, si ricostituiscono i visi del Doctor Bower, del Dottor Milvius, quello segnato ,da cattivo dei polizziotteschi, del professor Grampasso, io stesso mi vedo riflesso nei loro occhi, parodia di me stesso. Abbiamo Camici laceri e sporchi, volti da bambini invecchiati. Ci guardiamo intorno, siamo al centro di una radura di lentischio, ginepro e quercie nane, i nostri piedi sono sospesi su di un tappeto di sabbia bianca finissima, tutto intorno vegetazione.In direzione nord, sopra le foglie di quella Quercia contorta, svettano le sordide guglie di quello che abbiamo conosciuto come "Nuovo Centro di Rieducazione della Mente Riottosa". Frusciano i rami di un grosso cespuglio a Sud Ovest, facciamo quadrato, stanchi  ma attenti, attorno al Prof.Grampasso.
Emergono alla nostra vista quattro postadolescenti, dai visi seri e sicuri, i capelli corti, le divise color crema di un tessuto aderente e leggero, dei giovani monaci più che dei soldati.
"Namastè Rachmadullah !!!" sillaba chiaro da dietro le nostre spalle Grampasso.
"Rachmadullah Namastè." rimandano con solare fiducia i giovani. Grampasso esce leggero dal nostro abbraccio protettivo, si porta con passi emozionati verso il quartetto: è l'abbraccio di un padre ai suoi quattro figli perduti e mai visti grandi.
"Andiamo!!! Nuova Avalon ci aspetta!!!" urla al nostro terzetto di scienziati sbigottiti. Ci muoviamo, stringiamo mani, ancora incapaci di sorridere, ma ormai salvi, non ricordiamo un solo nome dei giovani monaci, ma li seguiamo fra i cespugli della radura.
Dopo pochi minuti sbuchiamo su di un molo in legno semidistrutto, il mare è davanti ai nostri occhi.
Il mare, mai realmente percepito in queste settimane di reclusione, ci investe in pieno viso, facendoci urlare dentro le nostri menti "Libertà!". Così investiti, non notiamo inizialmente l'imbarcazione che ci si para davanti.
E' strabiliante!!!.
E' una sorta di motoscafo cabinato lungo tre metri e mezzo, apparentemente senza motori posteriori, ma con una grossa imboccatura al loro posto. La sua forma è fluida, il materiale di cui è coperto sembra la pelle di uno squalo albino, assomiglia ad un grosso delfino!! Storditi saliamo la passerella ci caliamo da un'apertura posta superiormente, nel dorso del delfino. L'ambiente interno è futuribile, di una luce tenue ma confortante i colori riposanti e intrecciati. La stanchezza ci ricorda la fuga e i pericoli scampati. Dal nulla appaiono sedie sdrai, generi di conforto. Il vociare si fa amichevole, cala dall'alto uno schermo nero, che si riempie di luce. Dopo dieci anni, il Professor Grampasso, si schiarisce la voce per cominciare la sua prima lezione da uomo Libero. Il primo e ufficiale passo nella storia dell'Umanità dei Cittadini di Nuova Avalon. Ci viene proiettato " 2046 ", e la voce di Grampasso accompagna le immagini arricchendole:

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"E’ una stanza ,ve lo dico subito, non solo una data da romanzo di fantascienza anni ‘60; e come tutte le stanze, ha da essere uno stato dell’essere. Frazioni di sentimenti amplificati a piacere, o a dolore, di chi li ha dentro.“Lasciare il 2046 non è una cosa facile. Per uno che ci riesce, altri 1000 ci provano all’infinito.
”(Anno di produzione)2004. Altro numero, altro anno, sempre futuribile. Riuscireste ad immaginare un 8e1/2 di Fellini, la mano-vella di Antonioni e le tematiche caratterizzate da Godart, prese addosso a Clarck Francamentemeneinfischio Gable ed i suoi baffetti, in un annus domini di cotanta pochezza cinematografica?Potrei aggiungervi ringraziamenti celebrativi a Freelang e Morricone neanche troppo in sottofondo….Ma se proprio volete strafarvi, mettete sul piatto un cast da Altman Reunion di belli bellissimi e bravi bravissimi.Se tutto questo ancora non vi basta per approcciarvi ad una pellicola sentimentale e struggente sulle declinazioni dell’AMORE, vi faccio capitolare con un protagonista già somatizzato nei suoi chiaroscuri e nel suo mimico, cinico, agire nelle immortali pagine della produzione di Raymond Chandler. O visto alcolizzarsi tra le righe di Fitzgerald.Ora non potete più dire no a questo film visivamente stupefacente, frutto sofferto di un talento registico assoluto del panorama attuale : Won Kar Wai, messo di fronte alla sfida della produzione immediatamente successiva a quella del masterpiece universalmente riconosciuto da critica, botteghino ,pubblico. Ma da me no.Si perché a “In the mood for love”,che ne costituisce il precedente sia espressivo che narrativo, il Vs affezionatissimo preferisce quest’altro seguito-spin off, pur caldeggiandone sicuramente la visione, e non necessariamente nell’ordine in cui sono stati partoriti.
 
 
 
 La storia si avvale di un interprete principale pazzescamente espressivo nel minimo sottile intingersi di impersonificazioni mai uguali, qual’è il già noto ai blogfollowers dall’occhio buono, Tony Leung Chiu-Wai. Un ATTORONE che qui torna a vestire gli impeccabili panni, strappati nella fodera interna dell’anima, del giornalista Chow Mo Wan, impegnato a produrre un romanzo a sfondo fantascientifico come valvola di sfogo dei suoi trascorsi amorosi, alloggiato in un alberghetto della Hong Kong pre disordini del 1966.(La città tornerà a far parte della Cina ,perdendo la sua indipendenza, proprio nel 2046).
 
 Mentre cerca ispirazione ed espiazione dal mood che l’ha napalmizzato emotivamente tre anni prima, affronterà un pletora divina di caratterizzazioni fisiche muliebri di rara selezione, abbigliate, decorate e tratteggiate con trasporto intimista e personale dal regista, ove coglie la Mela Della più Bella, come nel mito di Era, Atena e Afrodite, la Casta Diva Wang Fei , con buona pace della super-star mazial-art Zhang Ziyi , imbottita per l’occasione persin di glutei posticci brasileiri e che comunque nun je la ffà, e capace di offuscare persino una Gong Li an noire in tutto e per tutto; che, voglio dire…. Intorno a questo apparato barocco nel suo splendore,recita una telecamera complessa, contralto della voce narrante, calda e intessuta di screpolature d’esterni irriconoscibili, cornice di una fotografia caleidoscopica e sensuale per la vista.Per approfondire ulteriormente le dinamiche emotive ed offrirci sequenze da antologia psichedelica,il film si spezza continuamente nella messa in scena del racconto di Wan, ambientato su di un “Leiji Matsumoto’s Galaxy 999”di ritorno dalla città dei ricordi ,dove il protagonista diventa il leggiadro e bellissimo Chen Chang il quale riesce finalmente ad esteriorizzare i sentimenti ed il trasporto sopiti nel suo creatore, interagendo con le stesse donne dell’albergo, rese inoffensive, almeno nelle intenzioni, dall’essere androidi senzienti.
 
 
 
Questo film riesce a rendere eleganti persino le lacrime e i portacenere in bachelite,mentre le sfaccettature della passione tra sessi opposti roteano nel calice rotondo degli scorci d’alcove come un buon cognac assaporato da chi ha vissuto tanto e molto. Patendone. Tutto il cast ha recitato perennemente innaffiato dalle musiche che costituiscono la spina dorsale degli accadimenti,composte di grandi classici,rivisitazioni e pezzi originali,fondendosi nell’onda sentimentale che portano con sé, anche in contrasto con le sensazioni che gli sguardi si lanciano.(esempi qui, qui e qui)
 

 
 
Scordatevi l’happy end,perché tutta la felicità del finale è stata assorbita dal portare a termine il film,che si temeva sarebbe finito per essere visto nelle sale proprio alla data del titolo,pur non portando assolutamente addosso i segni della sofferta gestazione. Nota a margine: questo film segna il passaggio delle consegne di Gheisha Iconografica da Gong Li  a Zhang Ziyi, che arrivava da tre pellicole di epica marziale blockbusters e che qui per la prima volta delinea una splendida gheisha metropolitana che convincerà l’anno dopo i produttori ad ingaggiarla per “Le memorie di…”per l’appunto.
Frase del film:
“Un tempo, quando uno aveva un segreto da nascondere, andava in un bosco. 
Faceva un buco in un tronco e sussurrava lì il suo segreto. 
Poi richiudeva il buco con del fango, così il segreto sarebbe
rimasto sigillato per l'eternità


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Accompagnati fino all'ultima scena, da un parlottio sereno, il sonno ci permea, le sedie si adagiano a cantucci, come fossero vivi. Pensiamo al dolore che ci siamo lasciati alle spalle, al presente futuribile, al futuro inafferrabile. A quei numeri che ,come in una grande Cabala, tornano sempre a tediarci. Vedere meraviglie e dolori cosi grandi, e non poterne parlare per la stanchezza, per la velocità degli eventi.
"Nuova Avalon, quanto dista? E da dove proviene tutta questa tecnologia, che oggi, nel 2011 ci sognamo, in questo mondo infame? Ci spostiamo via mare, per dove? Che strane divise portano i "ragazzi monaci".....e chi è in realtà il Professor Grampasso???......" .
Le domande mi si affievoliscono in un turbine ellitico che porta ai cancelli del sogno.....

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