venerdì 5 settembre 2008

SUKIYAKI WESTERN DJANGO (2007) di Takashi Miike


La pellicola, presentata lo scorso anno al festival di Venezia, in un edizione guidata dal fantastico Quentin, è un vero e proprio omaggio al cinema spaghetti western italiano, deve molto alle opere d'arte di Leone, Sollima e Corbucci. La trama è semplice: due bande rivali i Bianchi e i Rossi, mettono a ferro e fuoco un villaggio( simile per ambienti ad un villaggio del vecchio west, ma intriso di Japponesità!) per ottenere un fantastico forziere ricolmo d'oro, seminando le miserie e i dolori della morte sulle vite degli abitanti.

A rompere questo quasi infinito equilibrio tra le due fazioni arriva un cavaliere solitario, in qualche modo dalla vita sconvolta anch'egli dall'insensatezza della guerra e dalla stupidità dell'avidità umana. Giocherà un ruolo molto simile a quello di Eastwood in "Per un Pugno di Dollari", ma in realtà, il geniale Miike fa prendere al film altre strade, sembra quasi non prendersi sul serio, impregnando il film di citazioni di mille altri spaghetti western, ma in realtà tesse una trama convincente, godibile e senza dubbio epica.
Ciliegina sulla torta è il cameo di Quentin Tarantino che interpreta Ringo (O meglio Lingo..alla giapponese), un vecchio pistolero maestro/amante della non più giovane ma affascinantissima Bloody Benham, una leggenda dalle pistole fumanti.Vediamo il buon Quentin interpretarlo anche da vecchio, inzuppato di filosofia orientale, dalla curiosa parlata anglonipponica e movente, vista l'età matusalemmica, con una carrozzella automatica ma ad ingranaggi!!!).
Takashi Miike ci ha abituati a pellicole in cui il sangue scorre a fiumi, le emozioni si strozzano in gola, nulla è scontato e mai ,dico mai, affezionarsi ai personaggi, tanto poi muoiono tutti!!!.Fuor di battuta anche in questo film il cineasta giapponese non si smentisce rendendoci un film godibilissimo nonostante le due ore e passa di pellicola.
Lo consiglio a tutti quelli che hanno amato e amano il western all'italiana, ma anche a chia ma le atmosfere del cinema orientale, e la loro facilità nel suscitare forti sentimenti e grande epicità anche da situazioni già trite e ritrite.In poche parole citare ma senza cadere nel ridicolo.
Voto:(8/10)

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