lunedì 20 maggio 2013

IL GRANDE GATSBY (2013) di Baz Luhrmann



(Anteprima dalla morgue) 

"Tutto quello che mi esce dalla bocca suona presuntuoso in misura ridicola."

L'ho detto io?
Prima e poi, più poi, dai, lo faccio.....Ma intanto l'ha esternato Mark "Buzzy" Luhrmann, a propo delle sue uscite verbali....sebbene a mio dire calzi soprattutto per quelle cinematografiche. Il trapiantato in Australia da giovine con esiti ammorbanti come i conigli nello stesso continente sul suo indubbio talento scenico, arriva in sala dopo il consueto quinquennio d'intervallo e quasi due anni di calvario in rimandi di lancio; e lo fa rimettendo mano ad un monumento della letteratura anglossassone e mondiale di quelli grandi, grossi ed intangibili, come già fatto lodevolmente bene nel 1996 con Willy S.
Ottima idea, dato che quando non ha roba massiccia sui cui applicarsi, i risultati meramente visuali sono desolantemente vuoti e scarsi di presenza umana quanto l'Outback.
Era stato proclamato a chiare lettere durante l'ultima visita alla Morgue di Cinematografia Patologica che l'approccio clinico a questa trasposizione del capisaldo di Francis Scott Fitzgerald sarebbe stato, per motivi che vanno dal sentimentale allo stilistico, passando per l'aprioristico, l'uterino, il ghibbellino ed il dogmatico, grossomodo questo qui:


Nel diluirsi dell'attesa,invece, ho inspirato profondamente tra le legature seriche di un tomo a me caro, cogliendo di nappa l'incipit più calzante che si potesse decidere di avere in una recensione:

Negli anni più vulnerabili della giovinezza, mio padre mi diede un consiglio che non mi è mai uscito di mente.
   "Quando ti vien voglia di criticare qualcuno" mi disse "ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i vantaggi che hai avuto tu." 


Questo monito ha desublimato le mie aspettative e la mia verve, chetato l'analitica e la destrutturazione testuale compitabile a memoria nello scorrere del film, riconciliandomi
con quel ragazzetto che diciassette anni orsono se ne sbattè del testo a fronte e si gustò da morire Ròmeo plus Giuliét sullo schermone in duplice dimensione.
Giova in primis addurre pretestuosamente che Buzz si scrive, produce e gira tutte le sue opere, prendendosi tutte le responsabilità. E questo è GRANDE. Specie oggidì che è tutto un rimescolio di interessi, riletture, rimpalli e chi più ne ha ne mette.Un self-made man di tutto riguardo, in pieno omaggio al Sogno Americano.Quindi non lo sveglierò con presuntuosi parallelismi allo scritto originario (ben al di sopra delle sue possibilità) dedicandomi a raccontare come funzi la pellicola che doveva segnare la sua rinascita dopo lo smarrimento antipode di Australia.

E' per altro ovvio, pur conscio, nonostante la caratura, che la maggior parte del pubblico delle sale il libro non l'ha mai coperto, che non si possa fare a meno di analizzare come cast e trama si siano corrisposti ad una delle più brillanti opere d'arte del panorama culturale nordamericano.

Innanzitutto si è lavorato di sottrazione a storia e caratterizzazioni, come sempre accade coi capolavori letterari.
Se ne sente la mancanza? No.
Il cesello barocco e festaliero, da tutti atteso, del regista, si è dedicato alle scenografie ed alle coreografie della macchina da presa, rendendo le parti corali e più dinamiche piacevoli, a loro modo misurate e assolutamente ricreative. E ' tutto più maturo ed intenso che in Moulin Rouge, per intenderci.
Dove per forza di scena si vanno a rinchiudere inquadrature e sfondi in spazi intimi e più piccoli di un palazzetto dello sport, il cigolio di sofferenza delle dollycam si sente anche a distanza di tempo e spazio.



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Ne viene in aiuto l'attento lavoro di arredo umano ed ambientale di Catherine Martin, gigionesca, divertita e fedele nel ricreare il fasto da canto del cigno di un'epoca destinata a bruciare rapida ed intensa quanto la sua disastrosa caduta precognizzata dall'Autore. E' lei a sopperire all'altro grande limite del regista, quello di non saper assolutamente dirigere nè motivare gli interpreti, permettendo al cast di assorbire dai propri panni e dalle proprie magnifiche dimore il giusto piglio per calzare il personaggio al meglio delle proprie capacità.
Capacità che, salvo in un maiuscolo caso, sono nel bene e nel male, nè più ne meno di quelle che si portano appresso di volto più che di mestiere.

Leonardo Di Caprio è nato, calzato, vestito per interpretare  Jay Gatsby. Timbra il cartellino per amicizia col regista che l'aiutò più di tutti a lanciarsi, fa un ganascino sul guanciotto a Robert Redford con la sua aria sorniona fin troppo abusata, e mette a referto una prestazione di risulta da altri personaggi del suo passato professionale, da Howard Huges a Mr Candy. Scialbo, lezioso, compiaciuto e pittato di fard rosino quanto l'inguardabile tonalità del completo di lino per cui anche nel film lo prendono per il culo, arriva addirittura a sottoporsi di nuovo all'Inquadratura Bagnato ® pur di sottostare alla rilettura romantico fanatica del personaggio che qui si è decisi di dare. Risicata la sufficienza.
Carey Mulligan la si deve capire, poraccia: Daisy Buchanan, fulcro della vicenda, è uno dei personaggi femminili più insulsi, odiosi, inutili ed irritanti che la letteratura mondiale possa vantare. Sul podio con una Madame Bovary e una Anna Karenina, per rendere l'idea. Il suo tristo musetto e l'aria stolida rendono perfettamente l'idea che se ne avrebbe conoscendo il libro, indossa le sue rutilanti mise con fisicità tutta dell'inizio secolo e stinge con la sola presenza la patinata messa in scena proprio a puntino.Come pomo della discordia tra due tracotanti personalità come quelle del marito e dello spasimante arricchito e megalomane però, non serve ad una cippa. Leggenda vuole che praticamente chiunque nello star system attuale si sia proposta per il ruolo, possiamo quindi ritenerci fortunati di non aver visto addobbata del lampadario a cristalli di mia nonna buonanima gentaglia come Knightley, Michelle Williams, Eva Green o la diosantissimo Hathaway, capito?! Alle capacità della prescelta proprio di più non si poteva chiedere.  Tragicomica.

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A Tobey Maguire non gli si può dir nulla. Per via dell'espressione facciale che mamma gl'ha fatto si becca ringraziando la parte più sfrontatamente deformata rispetto al romanzo, ma anche quella che più gli potrebbe calzare se potesse scegliersi le interpretazioni, diciamolo. Nick Carraway è l'io narrante, lo spettatore involontario, il voyeur di straricchi e felici, lo sbarbato broker alla Wall Street di Stone, indi è perfetto così come sta. Ma se si deve trasformarlo in un caso di nevrosi da lettino dello psichiatra fin dall'inizio, con una smaccata attrazione omosessuale (dà fastidio se dico o m o s e s s u a l e?) per l'oggetto del suo scritto verso la fine, magari serviva qualcuno più credibile. O capace.
Coraggioso!

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Veniamo ora all'interpretazione maiuscola: Joel Edgerton. Motivato sicuramente dalla vicinanza con i blasonatissimi colleghi, platealmente imbevuto di fanatica frequentazione con l'opera terza e più tersa di Fitzgerald, il Gallese reduce dall'ammazatina di Bin Laden e dalle Guerre Stellari minori, MI regala la prova attoriale più intensa e pesante. Supera il macchiettismo dell'imprinting australiano, valica come un nocchiero impavido i terrificanti Spiegoni per Decerebrati Autistici voluti dalla produzione a sottolieneare irritantemente le palesi e striminzite vicissitudini dei personaggi, incassa la standing ovation alla rottura del naso della moglie fredifraga con una volèe di rovescio che manco Nadal e alza notevolmente l'appeal recitativo di tutta la messa in opera puramente visiva . GRANDE.

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Dulce in fundo la semi esordiente Elizabeth Debicki. Un peccato che il suo personaggio, la golfista Jordan Baker, sia quella più sacrificata dal testo in origine e venga lentamente fatta sparire nella seconda parte del film. Per carità, motivi puramente estetici, ma se c'era qualcosa di visuale nella pellicola che sapeva far ripiombare di colpo nelle atmosfere della Belle Epoque yankee era proprio la sua schiena slanciata ed il suo viso incorniciato dai riccioli charleston d'ordinanza, inguainati in lustrini e pailettes. E' pur vero che la liason prevista con il personaggio di McGuire sarebbe stata effettivamente ridicola, separati come sono da una distanza verticale superiore a quella delle ex coppia Kidman-Cruise. Radiosa.

La trasposizione giunge allo smaliziato pubblico del terzo millennio valida, pimpante e guduriosa. Ben inscenata attorno ai capisaldi del testo minuziosamente messi allo sbaraglio. Si può perdonare, vista la mano che c'è dietro, una schiantosa debacle nell'ultimo quarto, dove si va a sprecare il pathos tragico del finale troppo affrettatamente. Ma le sequenze che hanno portato alla chiusura sono coinvolgenti e lustre come il bolide rombante a rotta di collo di Gatsby, così si scivola allegramente ai titoli di coda.

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Croce e delizia di tutte le composizioni di Luhrmann, non può mancare la colonna sonora. Per me la cosa più scollata dal contesto, non tanto per gli stili utilizzati, quanto per il cacofonico abbinamento con le immagini. Soprattutto durante feste e balletti, per apprezzare davvero le sequenze era preferibile tapparsi le orecchie.: raramente ho assistito ad un tale delta tra musica e riprese, quasi che siano state incollate in post produzione ad minchiam. E qualcosa nella coscienza del fabbricante deve aver risuonato di colpa, visto l'inserimento palese, ed introduttivo del topos filmico, della Rapsodia in Blue di Gerswin quasi a voler riportare la dimensione sonora alle vere armonie dell'epoca, scusandosi per la presenza di Fergie e Jay -Z, senza sfociare per forza nel bebop da intenditori.
 Tema centrale ridondante ed esemplificativo, quello miagolato da Vellovino del Raggio : Young and Beautiful, che ben rappresenta il vuoto contenitore per cui è stato scritto, un motivetto orecchiabile ripetuto fino allo sfinimento senza una struttura o una storia da raccontare.



Valido solo per gli interpreti indubbiamente fitzgeraldiani dalla testa ai piedi, ma anch'esso fuori asse rispetto a sequenze e narrazione, quello di Andre 3000 e Bionce :



Languida ed ispirata, per quanto mal posta, stracciamaroni e meno epica di quanto avrebbe dovuto essere nei crescendo, quella di Florence and The Machine,  Over the Love.

Considerando quanto nei precedenti lungometraggi fossero state importanti le musiche per la salvaguardia del loro ricordo nella memoria degli spettatori, a mio parere qui si è toppato abbestia. Ma è un giudizio mitigato dalla presenza di una delle arie più belle della storia, che nessuno dei tre lauti precedenti filmici del personaggio Gatsby aveva pensato di inserire come Character Theme:


Nel complesso il Buzz si è salvato allegramente la buccia. Così ho deciso di lasciar perdere folla, torce e forconi, e andargli a rendere visita da solo a solo.
Con calma, dignità e classe.... (Cit.)

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Al di là di tutto non posso dirmi che soddisfatto: portare una storiella esile ed emblematica ad un pubblico come quello in sala dov'ero (che ha riso platealmente in almeno 4 scene - cioè-), permettendo ad un opera immortale di continuare a vivere nell'immaginario senza troppe toppate non è affatto cosa da poco, considerando la presunzione che caratterizza il tocco del regista/produttore/sceneggiatore.
Possono restare i rimpianti per lo sviluppo tranciato della trama, o per alcune chiavi di lettura dei personaggi. O per l'uso smodato dell'inquadratura di quella CAZZODILUCINAVERDE di là dalla baia... ma ci si arrende alla semplice verità che il tutto funziona, in pieno stile Scott Fitzgerald, che dell'arrabattarsi con talento fece una missione della sua brevissima esistenza.
Volendolo confrontare con un altro film uscito recentemente, anch'esso trasposto da un monumento nazionale letterario (Anna Karenina) il Grande Gatsby esce con le ossa rotte, sul piano del rinnovamento scenico e nell'originalità dinamica delle meticolose ambientazioni. Trionfa invece sul piano propedeutico alla lettura, da cui lo spettatore capra potrà trarre indubbio giovamento.
In pratica, un bellissimo spot pubblicitario per un libro ormai dato per scontato ma obliato alle mandrie mainstream.

 *:  Courtesy Greg McEvoy (The Great Gatsby original sketchbook for Luhrmann )



TRAILER DEL FILM :
 

22 commenti:

  1. Come al solito post lunghissimo e ricchissimo: potrei dire che sei una specie di Baz Luhrmann della blogosfera, pronto a nascondere la sostanza dietro una confezione spumeggiante. ;)

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  2. ..Ma se non nascondo la sostanza...m'arestano! :D

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  3. ti dirò, a me h davvero annoiato. Ma sarà che son partito prevenuto, perché a me lo stile di Luhrmann proprio non piace

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    1. Prevenuto, come ho spiegato, lo ero anch'io.Poi mi sono fatto ispirare dall'incipit del romanzo.
      Pero' se ci pensi(e magari tu sei tra loro) anche il libro molte persone lo troverebbero, e l'hanno trovato, noioso.
      Questo l'ho trovato meno noioso di MR, per esempio..

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    2. Il libro ha uno stile di scrittura così bello che non annoia mai, a mio parere, ed è anche lì la forza del tutto. Peccato che BL non sia FSF T.T
      MR devo ancora digerirlo dopo anni di distanza, non saprei dare un parere intelligente in merito.

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  4. gran libro e curiositá apalla sul film...anche se nn andró al cinema a Scrocca!

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    1. Temo che privo dello schermone perda una porzione importante dell'effetto.Ma ne rimarrai soddisfatto per l'amore portato agli ambienti del romanzo.

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  5. gran libro e curiositá apalla sul film...anche se nn andró al cinema a Scrocca!

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  6. il film non l'ho ancora visto, ma certo che di musica ne capisci ancora meno che di cinema.
    non pensavo fosse possibile uahahah :D

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    1. Sapevo che se ti toccavo la Vello(a)Pecora saresti andato su tutte le Erinni.
      Ma ormai dovresti esserci abituato. Quando uno ha due cotolette impanate a posto dei padiglioni auricolari, che gli critichino gli ascolti musicali fino allo sfinimento, è roba da tutti i giorni!! :D

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  7. Sei stato più magnanimo di me col film, non col Di Caprio, a cui io darei voto 10 per la perfezione con cui, di fatto, DIVENTA Gatsby.
    Per il resto, ho adorato la colonna sonora e tutta la prima parte del film, poi Luhrmann mi scade nella soap opera didascalica per decerebrati (tipo Maguire) e addio...

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    1. Tutti ciò che ho fatto, l'ho fatto per LUI (Francis S.F.).
      -Per parafrasare il frasone del film.-

      Si nota tra le righe la rabbia che cerca di trapelare dalle sbarre e poi tracima sul finale??

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  8. Io sto film non lo vedrò. Non lo sopporto Luhrmann, è di una mediocrità disarmante.

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    1. Chiariamo bene che non lo trovo certo un grosso della manovella.Anzi: l'ho ripetuto più volte.
      Ma dato il modo in cui procede con le sue fatiche, gli va dato un credito di onestà intellettuale superiore a tanti altri più quotati.

      Poi quando uno è scarsino è scarsino, chiaro...Tutta colpa dell'Australia! :D

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  9. lo ammetto, sino ad 1 minuto prima (ma forse anche oltre) di iniziare la visione del film ero letteralmente TERRORIZZATA da ciò che er sor Baz avesse potuto combinare in questa pellicola.
    Devo dire che alla fine, invece, non mi è dispiaciuto. Sicuramente non posso catalogarlo come capolavoro e non corro nuovamente al cinema a rivederlo, ma l'ho trovato coerente ed intenso in alcuni punti, quanto totalmente disunito e da prendere a mazzate in testa su altri, quindi nel complesso equilibrato e godibile. Meno eccessivo di ciò che mi aspettavo. Sicuramente guardabile (ma forse ha aiutato anche un B52 di troppo!)

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    1. Colgo la boccia al balzo.
      Parlando d'alcool una cosa di cui si sentiva la mancanza erano le parti riservate nel testo alle libagioni.D'accordo l'america attuale puritana e proibizionista...Ma in Fitzgerald si consumano alcolici ogni due pagine!la Daisy e il matitone stavano 'mbriachi da appena alzati fino a notte inoltrata,per Dioniso!

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  10. Ho adorato Moulin Rouge per la sua pacchianeria esagerata (e per le revisioni delle canzoni).
    ma fergie e JayZ per Gatsby... sa di "vade retro Eu!" sulla porta della sala! :-p

    L'assenza dell'assenzio (ovvero dell'alcool) è davvero grave, poi.
    'Nzomma: mi hai dato una marea di spunti su cui riflettere, ma per ora credo risparmierò i sudati euro (anche se Baz al cinema è tutt'altra cosa da Baz nel mio sfigato televisore e casse composte da un coro di gnomi doppiatori)
    Eug

    PS: Euoè per Dioniso!

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    1. Vada tranquillo esimio: Jay Z c'e' nei titoli di coda.I temi principali che si sentono nel film sono praticamente quelli che ho postato.

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  11. Tu mi stai dicendo che la gente RIDE su Gatsby?! ..... Per il mondo non c'è più speranza! A me è piaciuto infinitamente, come hai ben detto Leonardo DiCaprio E' Gatsby in tutto per tutto e anche la Mulligan fa una grandissima prova.

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    1. Ci ho testimoni: la gggente che sghignazzava per almeno 2 volte a battute di Daisy.Per una scena di quelle in albergo,per un osservazione di Nick a Jay e persino per il meccanico stolido.

      E' triste,pero', non sorprendersene piu'...

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  12. Sei stato molto esaustivo, hai analizzato praticamente tutto e, finalmente, mi hai incuriosita. Non ho ancora visto il film e per vari motivi. Anche io parto prevenuta, Luhrmann non è proprio nelle mie corde. Ma, soprattutto, ho ancora il libro fresco nella mia testa. Poiché non sono del partito "meglio il libro del film", anzi, tendo sempre a scindere le due cose, vorrei vedere il film con meno pregiudizi possibile. Perché il libro mi è piaciuto parecchio e non vorrei che, guardando il film, gridassi "Meglio il libro del film!". Insomma, devo far sedimentare Fitzgerald, poi passerò a Luhrmann. Anche perché, da quel che ho visto dal trailer, non mi dispiace neppure troppo l'incontro/scontro tra il nulla di Fitzgerald e il barocco di Luhrmann. Vedremo.

    (sul modo in cui, in genere, Luhrmann usa la musica siamo d'accordo!)

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  13. Su come partissi io alla visione, l'ho esplicitato nella prima immagine.
    Non so quanto poi tu ti ritroveresti d'accordo con me, alla fine della visone, perchè da quello che ho letto da te, abbiamo due ottiche diverse su F.S.F. a livello di produzione in generale e di quest'opera in particolare...
    Credo però tu non abbia colto la critica fatta al regista sull'uso delle musiche, che NELLE PRECEDENTI sue prodìuzioni non avevo trovato affatto stonate o fuori luogo.Qui si.

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