La fida poltrona a rotelle del mio studio sprofonda ubbidiente, sotto le mie scaraventate chiappe ossute, con la giusta fragranza di scricchiolio ronfoso.
Sono stanco. Passo i palmi in faccia, unticci.
Che ore saranno?
La domanda è venuta dall'altra parte della scrivania e non dalla testa sopra il mio collo sopra il mio stomaco vuoto sopra il coccige finalmente rilassato.
Il mio ospite mi guarda spento anche lui, da come armeggia capisco che ha finito le cartine.Gli passo le mie lino e canapa.
I capelli più sconvolti dell'usuale, arriccia e appiccia. Sorride.
Aspiro anch'io con lui, che d'altronde siam qui per questo: il sancta sanctorum del nicotinomane, l'ultimo disperato avamposto del trinciato buono, si è schiuso per noi alla fine di una lunga, lunga sessione in sala operatoria. Qui nessuno può imporre divieti, nemmeno il Primario dottor Massis, che ha smesso tre settimane fa e sapete poi come vanno queste cose..Anche se probabilmente tra poco arriverà fluttuando con le nari appiccate agli effluvi usciti da sotto la porta.
L'ora non la so.Che conta..... Ma ricordo che ore fossero quando questo paziente particolare e delicato si è ripresentato per l'ennesima volta in corsia; qui a C.P.
Le ovvie tre e circa un quarto antelucane. E quando se no?
Poichè tutto in natura si esprime ed esplica attraverso schemi ridondanti, come potrebbe questo pellicolino zeppo di luce e pregno di argomenti tosti non ripresentarsi come un degente cronico negli orari più emblematici !
Ed è stato quando il succittato si è scodellato per la quarta volta ai miei occhi -ma non proprio per la quarta volta, più per la terza e lordi, che l'ultima mi sono spento verso prima della metà- che ho deciso di chiamare per un consulto d'urgenza uno specialista dall'estero. Un segaossa di quelli col Ph.D. davanti al nome, Max, che è lo stesso del protagonista dell'opera prima di Aronofsky.