lunedì 4 gennaio 2016

SUBURRA (2015) di Stefano Sollima



I corridoi di Cinematografia Patologica non si fermano mai.
Non esiste Capodanno nè Natale, noi si macina filmoni e filmacci in continuazione, anche quando non si scrive, cogitabondi andiamo verso il mondo, confondendo spesso quello reale e quello di celluloide o digitale.
Spesso, soprattutto al passaggio tra vecchio e nuovo, tra anno ed anno, tra notte e giorno, tra una colica ed un infarto, ci si guarda alle spalle a rimirare cosa l'appena trascorso ci ha lasciato cinematograficamente parlando.... ed è praticamente impossibile non incappare ammirati in Suburra, l'ultima fatica del sempre amato Stefano Sollima.


Roma. Novembre 2011. A poche settimane dalle dimissioni di un Papa vecchio e stanco, a pochi giorni dall'Apocalisse, la Capitale è quella di sempre.
Cementata d'intrighi tra Criminalità e Politica, sudata tra le cosce di prostitute minorenni impastate di coca ed eroina, violenta nel suo darti del Tu anche se non ti conosce oppure nel suo colpirti con un cazzotto per rubarti il cellulare ed i pochi spicci che porti, è la rappresentazione di un futuro distopico evolutosi dalla Roma di fine anni 70.
Si comprende troppo tardi, di trovarsi nella realtà, cambiano solo i nomi, anzi quelli sono sostituiti da soprannomi o titoli di fantasia inventati da un Romanziere.
I personaggi, fissi come in una becera commedia dell'Arte, ci sono tutti: il politico Corrotto On.. Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino); Il malavitoso Ostiense Aureliano "Numero 8"
Adami (Alessandro Borghi) ed il suo Amore Tossico Viola (Greta Scarano); il capo Clan Zingaro Manfredi Anacleti (Adamo Dionisi) ricco come un Camorrista, cravattaro Burino, infiltrato ed amico di tutti; Il vecchio Nar "Samurai"(Claudio Amendola) divenuto Boss di tutte le Magliane, Occhialuto e non cecato; la Puttana d'alto bordo o meglio la escort Sabrina (Giulia Elettra Gorietti); Il Pr Seba (Elio Germanoche conosce mezza Roma. Le loro vite si intrecceranno in un turbine di Interessi, Soldi, Pochezza, Ignoranza, Meschinità, Lussuria, Vizio e Menzogna uscendone irrimediabilmente mutate, fino al prossimo livello di aberrazione, alla prossima generazione di criminali votati alla politica, di nullità con la propensione al guadagno facile.
Non mi verrete a dire che vi ricorda qualcosa la descrizione di questi personaggi?





Un film che, non temiamo di sbilanciarci, diventerà senz'altro importantissimo per tutto il cinema italiano, ciò non tanto per l'epicità delle battute o l'imprescindibilità dei personaggi, ma per la solidità dell'impianto, la continuità con opere importantissime del passato e del presente e la maturità del lavoro svolto. Non un poliziesco perché delle forze dell'ordine si sente la sirena solo quando tutto è già fatto e disfatto, ma un film dalla fotografia coraggiosa e moderna. La scelta di ritrarre Roma quasi perennemente sotto la pioggia, una città immortale ma grigia, quasi come una Gotham City millenaria e senza Supereroe, splendente nei suoi marmi ma soffocata dal grigiore di un cielo plumbeo e annegata da ettolitri di pioggia,è vincente e va ad evocare tutta una serie di parallelismi con la realtà in cui versa e sta versando oggi. Ci si da la possibilità di vedere con nuovi occhi la stessa città che ne La grande Bellezza  di Sorrentino riluce e respira divenendo anch'essa un personaggio, quasi un Dio sopra le miserie degli uomini. In Suburra  questo Dio è diventato un Demone, un Caronte che traghetta ciascuno verso il proprio destino, un Lucifero troppo bello e ricco per rendersi conto di quanto sia diventato marcio dentro.
La novità di questa pellicola si gioca pure sull'equilibrio fra i personaggi. Suburra non è nemmeno un gangsta movie perché non esiste un unico protagonista del crimine, è più un crime movie corale che supera l'ineluttabile schema del cattivo/potente/prepotente che schiaccia il debole/vittima/timoroso senza possibilità di fuga, con manovre senz'altro particolari e nuove che portano però a nuove riflessioni su l'Homo homini lupus.
Questa è la grossa novità della pellicola, una novità che il regista veste con maestria da colpo di scena finale.


Di Stefano Sollima si apprezza fortemente la tenacia con cui è riuscito a dare nuova linfa al genere Politico/Poliziesco/Gangster/Noir che così tanto ha dato al cinema italiano.
In totale continuità con certe Pellicole di Elio Petri così intrise di valutazioni ideologiche (anche se in Suburra esse rimangono ai margini), giochi di intrigo Politico mai statico, sempre in movimento, come nei film d'azione, pur rimanendo entro i palazzi del potere, nelle stanze dei bottoni, nelle sue metodiche per perpetuare il prestigio e la forza, nei tic di chi li detiene.
La lezione di questo modo di fare cinema è stata appresa ed amalgamata ad una sensibilità moderna ed autoriale, al gusto vintage, all'azione adrenalinica, ad una buona dose di violenza cruda, cinica e realistica, ad un amore sconfinato verso il genere noir.
La formula funziona così bene da permettere (questo già succedeva in Romanzo Criminale-la serie- e sta risuccedendo in Gomorra -la serie-) di raccontare il criminale e di saperlo tratteggiare in quella maniera epica che tanto ci fa amare i Toni Montana in fine più dei Serpico, I Carlito Brigante forse più degli ispettore Callaghan, I Genni Esposito più degli Ardenzi oppure I Libbanese,i Freddo, I Dandi più degli Scialoja.
Questa la summa della poetica criminale di Sollima, in questo film a suo totale agio nel portare al cinema la scrittura di DeCataldo e Bonini, nell'imprimerle  quella forza visiva che supera l'immaginazione del lettore. Inoltre, cosa non da poco, è riuscito a  fare suoi tempi e modi del cinema, differenziandosi e migliorandosi fortemente non solo dagli eccelsi prodotti televisivi per cui è diventato famoso, ma anche dalla sua prima prova cinematografica, quell' ACAB - All Cops Are Bastards del 2012, che, come maggior difetto, aveva  quell'aria sciatta da serie televisiva che al Cinema un poco stona, come se, il nostro,bnon fosse ancora in grado di raccontare a fondo ed ammantare di grandezza i personaggi nell'angustia delle due ore.
In Suburra non solo la parabola dei personaggi si completa, ma il tutto è arricchito dalla loro evoluzione, o involuzione, a seconda dei casi, o comunque da un prima e un dopo che muta il loro destino.
 Utilissima alla buona riuscita di questo film è stata la splendida esperienza maturata e maturante  in Gomorra la serie, soprattutto nel saper raccontare il delirio criminale dei giorni nostri con realismo e mestiere, con un occhio, visto che anche in questo caso si usa la parlata gergale e dialettale, alla comprensione di tutti quanti gli spettatori. Ma credo che il discorso Gomorra sia diverso, in primo luogo perché la serie è stata diretta in collaborazione con altri due registi (che sono stati bravi a coordinarsi fra loro e con Sollima ma che inevitabilmente hanno impresso il loro marchio agli episodi) e secondariamente perché è un lavoro ancora in fieri, anche se le premesse sono state ottime ed hanno bissato il grande successo di Romanzo Criminale, con personaggi ancora una volta epici ai massimi livelli.
I parallelismi tra Suburra e le due serie non finiscono qui, Infatti è prevista per il 2017 l'uscita di una serie di 10 episodi sfociante dalle vicende del film a marchio Netflix, che volete di più?
Stefano Sollima

(Su queste pagine e sulla Pagina Facebook è apparsa una minirece su Gomorra la serie a firma del Giocher che in buona sostanza critica e boccia nella sua totalità la prima stagione della serie.
Il Dottor Massis Cavaliere Primario, Demiurgo e Gran.Figl.d.Putt. della Cinematografia Patologica, che firma questa recensione, è in totale disaccordo con quanto scritto allora e trova le argomentazioni addotte deboli e inconsistenti...ma questo è il bello della gestione multipla di un Blog!)





La grandezza di un film non sta tanto in quella del suo cast , quanto nella gestione di ciascun attore nel rapporto con la sceneggiatura e con gli altri attori. Questa riflessione acquista veridicità riflettendo sulle singole prove in Suburra. Infatti il film è potente perchè nessuno degli attori primeggia sugli altri, ma perchè insieme, come gruppo, sono al servizio del progetto, Pierfrancesco Favino ed Elio Germano hanno delle parti molto difficili e meno immediate e sono un po' sacrificati, ma ciò non li fa sembrare meno forti degli altri attori proprio perchè tutto l'impianto è equilibrato e molto maturo. Insomma interpretare il viscido non è mai facile, ci vogliono doti attoriali non indifferenti ed anche un pizzico di attitudine naturale al tipo.




L'attore che mi ha impressionato di più è però Claudio Amendola.
Nonostante la sua carriera sia costellata di scelte commercialissime e di scarso valore artistico è un gran bel attore e questo già lo si sapeva dai suoi esordi nei Sapore di Sale, Vacanze di Natale e commediole dei primi ottanta varie, se ne ebbe conferma alla fine degli ottanta con gli ottimi film drammatici Soldati 365 giorni all'alba (1987) oppure Ultrà(1991) o Mery per Sempre(1989).
In Suburra, Amendola interpeta Samurai, senza troppi giri di parole, un personaggio ricalcato su l'ex Nar, ex Banda della Magliana, recentemente tornato alla ribalta delle cronache con le vicende di Mafia Capitale: Massimo Carminati. Lo fa entrando nella mente delle persone comuni e cercando di immaginare come essi vedano uno così ed esce fuori con un personaggio ultra realistico e credibilissimo. Ottima Prova.
Claudio Amendola
Alessandro Borghi  con Numero 8  da volto e sostanza al personaggio di un giovane Boss di Ostia che mi piace pensare essere scappato dal set di "Non essere cattivo", lo splendido ultimo film del compianto Claudio Caligari, che per un po' ha rischiato di essere in lizza per gli Oscar 2015 come miglior film straniero, per venire in Suburra a far vedere come sia diventato grande grosso e cattivo.
 Alessandro è in effetti uno dei due attori protagonisti del lavoro di Caligari, prodotto tra gli altri da Mastandrea, ed è impressionante come in alcuni casi tenga testa ad attori molto più scafati di lui, come riempia la scena con la sua sola presenza, con la sua fisicità e le sue espressioni che recitano quanto, se non più, della sua voce.
Alessandro Borghi   Numero 8
Grande Plauso va alle due attrici Greta Scarano Giulia Elettra Gorietti, oltre alla quasi scontata avvenenza, due personaggi opposti come il giorno e la notte ma funzionali e necessari al racconto, in particolare il personaggio di Viola sembra uscita da un fumetto degli anni 90, una Tank Girl di periferia davvero riuscita.
Greta Scarano

Giulia Elettra Gorietti

Degna di menzione è la colonna sonora dreampop degli M83, gruppo Francese della scena neo psichedelica che si adatta benissimo alle atmosfere del film, in alcuni casi rendendo ancora più sognanti alcune scene uggiose e dalle luci artificiali e nel caso delle immagini del lido di Ostia durante la notte, il gioco di neon ben si sposa con il muro sonoro del duo francese.

(Prego il contributo dalla regia:)





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TRAILER


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4 commenti:

  1. E' stato un film coinvolgente... Mi dispiace per il finale troppo fan service, ma pazienza

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    1. Sai che invece io l'ho trovato coraggioso come finale? Un noir che finisce male per i cattivi...

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  2. devo ancora recuperarlo, ma lo farò presto!

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  3. Piacevole, capace, sicuramente ben al di sopra di tantissimo altro in giro (nostro o altrui).Credo che nemmeno il fatto che sia fondamentalmente e dichiaratamente un plot per una serie televisiva di quelle maiuscole autorialmente sia ascrivibile nei difetti.Il fatto che si possa dire che in Italia quest'anno s'è girato pure di meglio ha del miracoloso.

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