E' la resa dei conti col prof.Grampasso.
Messo alle corde dalle incessanti domande del Dottor Milvius, alle logiche contorte mie e dalle intuizioni ficcanti del Doctor Bower, egli ha dovuto cedere, raccontandoci la verità su nuova Avalon, e sul palazzo conduttore.
"Colleghi miei," dice"la verità era celata per i più nobili e sacri motivi, la sicurezza di tutti noi".
Cosa Penserebbe il mondo li fuori "aggiunge " se sapesse che questa città fluttuante sugli oceani è controllata dal primo ed unico cervello sontetico mai esistito? Il palazzo conduttore contiene il cervello che controlla tutto dell'isola, dai Bruco bus alle strade scorrevoli, dai motori gravitazionali alle colture degli anelli periferici....Ma parliamone godendoci una buona Pellicola...ne ho giusta una che fa per noi ..è il Titus di Julie Taymor....". Quindi, cadenza le immagini con parole calibrate....
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“Le stelle non sono infinite, solo innumerabili [agli uomini]” arguiva Filippo Giordano Bruno da Nola dissertando di mondi plurimi ed Universo sterminato qualche annetto in anticipo, che volete che siano un quaranta decadi, sugli Einstein, i Clarck e compagnia immaginante.
“Le stelle non sono infinite, solo innumerabili [agli uomini]” arguiva Filippo Giordano Bruno da Nola dissertando di mondi plurimi ed Universo sterminato qualche annetto in anticipo, che volete che siano un quaranta decadi, sugli Einstein, i Clarck e compagnia immaginante.
Difficilmente
computabili come le remote fiamme del firmamento sono da annoverarsi le
trasposizioni cinematografiche tratte, ispirate,
desunte, traslate, asportate, travisate, deformate; prese di peso, di sguincio, di passaggio, da lontano; liberamente o direttamente, sarcasticamente o vigliaccamente, argutamente o filosoficamente, fedelmente o anacronisticamente, consapevolmente o inspiegabilmente, a torto o a ragione, in salute e in povertà, dalle Opere Immortali del Bardo di Stratford- up- Avon, l’oscuro, bizzarro, prolifico,erudito, gran figlio d’un ciabattino Willy Shakespeare, coevo dello Zolfanello Incompreso che si citava in apertura.
desunte, traslate, asportate, travisate, deformate; prese di peso, di sguincio, di passaggio, da lontano; liberamente o direttamente, sarcasticamente o vigliaccamente, argutamente o filosoficamente, fedelmente o anacronisticamente, consapevolmente o inspiegabilmente, a torto o a ragione, in salute e in povertà, dalle Opere Immortali del Bardo di Stratford- up- Avon, l’oscuro, bizzarro, prolifico,erudito, gran figlio d’un ciabattino Willy Shakespeare, coevo dello Zolfanello Incompreso che si citava in apertura.
Ma come biasimar
questi sterili cineasti d’oggidì di un tale Sacco di Bisanzio della creatività
altrui, se si fanno i films da Volo e Moccia, eddai sù! Certo è comunque, che ne
derivi una qual forma di assuefazione al palato, tra biondi Prence danesi
d’ogni razza e religione, irati Giudei dallo sguardo di Scarface, lividi
Mori che Invadono la Terra
in diretta radiofonica, incasinati albionici teste d’Asino, foreste
semoventi ben prima del J.R.R., baci rubati alla famigghia, Mercuzi en
travestì e cadaveri a profusione che manco l’alba dei morti
di sonno..
Indifferente a questa
bailamme guazzabugliosa di tentativi precedenti, ed ingolosita certamente dal
bel risultato della trasposizione modern-fusion di Romeo + Juliet
(protagonisti a parte), per il suo esordio sullo schermone delle sale, Julie Taymor , fattasi le ossa in teatro ed
in tivvù, nel 1999 si è immersa con furore iconoclasta nella prima tragedia
scritta in egual giovanil ferin furore dal summenzionato Inglese col collare appariscente
: Il Tito Andronico, vero e proprio pioneristico antecedente antesignano
anteposto storico del filone revenge-rape & revenge tanto caro a queste
lande del cyber spazio, oltrechè scrittura poco battuta su proscenii e
sceneggiature altrui, sempre considerata troppo trucida,violenta ed infantile.
Il film si fregia di
un incipit tra i più originali e spiazzanti apparsi di recente, di un cast che spakka, ma soprattutto di una messa in
opera di grande cifra stilistica ed effetto; il risultato è coinvolgente ed
intenso, ricercato nel dettaglio e modernissimo nel suo dipanarsi pulp-pop,pur
rimanendo rigorosamente fedele all’originale.
Lasciando in bocca
agli interpreti le esatte parole del testo, in tutta la loro sanguinolenta
arcaicità, la regista fa riimpatriare dal bello
gotii, con un trionfo stile Vecchio Impero in piena regola, il Dux Sir Anthony Philip
Hopkins, reclamato dal S.P.Q.R. per guidare Roma
orbata di Imperatore, facendolo entrare nell’Anfiteatro Flavio - quello vero dal vero - alla guida del suo
esercito rigorosamente abbigliato come mai prima sullo schermo (con buona pace
di Ben Hur , Massimo Decimo Meridio, Istoriciannel
e Alberto Piero Angelo)
ma fornito di Harley-Davidson Electra Glide, un paio di
carro armati leonardeschi, gli ori & tesori del bottino in uno scrigno di
plexiglass, anfibiazzi da Delta Force ed interamente coperti, dettaglio
prezioso e squisitamente realistico, dalla grigia creta delle polverose vie che
portano all’urbe da ogni dove.
Le Catacombe, i Fori
Imperiali, il Pantheon , il palazzo dell’Eur e le periferie sulla Salaria
del tempo odierno, sono le quinte scelte da Dante
Ferretti per far scatenare Milena
Canonero in tutta la sua talentuosa filologica eccentricità geniale,
sbocciata in Arancia
Meccanica, coltivata a Berry Lyndon e benedetta da Stanley Kubrick
per il resto dei suoi giorni. Suoi sono i sontuosi corredi che abbigliano buoni
e cattivi, Romani e Laziali (si. Proprio così..), Antichi e Moderni, permettendo agli
attori di calarsi ancora meglio in personaggi già di suo pennellati a china
spessa dall’Autore Originario.
La scelta netta dei talenti distribuiti nel casting è un’altra impronta lasciata dalla lettura approfondita e ben compresa dell’opera, che contribuisce alla connotazione violentemente crudele dei temi e della storia. In modo quasi imbarazzante, infatti, gli interpreti dei “cattivi” sono, sia artisticamente che fisiognomicamente, diverse spanne, ma anche braccia, sopra gli infelici “eroi buoni”.
A fianco e contro il protagonista cannibalico ed autoreferenziale per talento e livore interpretativo Baronetto di Sua Maestà Hopkins (oltre ad essere a quanto pare una delle persone più antipatiche dell’intero star system mondiale), troviamo: la sempiternamente notevole Jessica Lange, conturbante e conturbativa nel suo ruolo di Tamora, regina dei Goti vinti e fulcro della tragedia; la gnoccolaggine turgida e virile di Jonathan Rhys-Meyers già ben assaporata in Velvet Goldmine ed altre pellicole importanti per languidi sospironi pantosessuali, nei panni del dilei figlio minore Chirone; quella gran faccia da cattivo/odioso/antipatico/
Accompagnano lo
strazio del Buon Andronico nell’uragano di feroce vendetta Gota, facendo
da Dolby Surround di sfighe, oltraggi e tragedie personali, Bassiano (James Frain) pretendente
fallito al Trono Imperiale e al cuore della figlia del generale, dotato solo di
una composizione fisiognomica che già fa presagire il suo tristo destino; Lavinia (Laura
Fraser ) la figlia in questione di cui sopra, protoGiulietta molto
più sfortunata, capace di un guizzo interpretativo solo se rovinata di colpi
selvaggi del fato e altrui –letteralmente- ; Lucio (Angus Macfadyen) 1 dei 4 di 24 figli di Tito
scampati alle battaglie, una mimica che non è una mimica, un attore che non è
un attore, già purtroppo visto latrare in Bravheart ; e il
Senatore Marco Andronico (Colm Feore)
che veniva proprio bene bene, ma a pennello,guarda, per calarsi nelle
fattezze di specchio
liquido degli accadimenti truculenti e spietati piovuti sui suoi congiunti con
stupore alcolico di sobrio asciutto. Poi percarità si può dire che fosse anche la Parte, che lo richiedesse
,ma qualche dubbio pesante rimane…
Ordunque, messi in
campo: stile, talento, sfondi acconci,piglio giusto,ottica originale e coraggio
traspositivo, alla regista non restava altro che condurre il canovaccio del
1595 c.a alle debite conclusioni Procniche (ehi tu…SiTU. … Forza! P R O C N E. Vai e
googlalo ,’gnorante!) con sputazzo in stile matrix a
sfregio finale, per confezionare forse la migliore versione cinematografica di
un dramma di Shakespeare mai realizzata. Che come si diceva all’inizio,
non è cosa da poco né da tutti i giorni.
Pellicola densa e
raffinata , fotografata con maestria ed un occhio a Dalì, Davìd, Bocklin e Bruegel,
avvincente e ingioiellata di piccoli dettagli succulenti sempre in bilico tra
Remoto e Classico Moderno, ha una tematica spietatamente attuale ed umana:
quanti strali e dardi dell’oltraggioso
destino (Cit.) può sopportare un uomo virtuoso,
leale ed onesto, prima di lasciarsi vincere dalla disperazione e trasformarsi
in un mostro come ciò che l’ha generato?
Trailer del film
recensione scritta dal Prof.Giocher Granpasso
Trailer del film
Frase emblematica del
film (e di questi tempi bui ed oscuri):
« Se mai ho commesso una sola buona
azione in tutta la mia vita
me ne pento dal profondo dell'anima »
me ne pento dal profondo dell'anima »
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Così ecco svelati tutti i segreti. Le bugie a fin di bene, quanto le abbiamo odiate nel nostro periodo sotto le grinfie dell'Oscuro Primario... Perchè questo non si ripeta anche a Nuova Avalon ,decidiamo di collaborare al progetto Neo Avaloniano , Vigili che lalibertà di nessun uomo venga mai schiacciata da altro uomo, o da altra super intelligenza sintetica...Siamo sempre stati bravi ,noi umani, a trasformare le più grandi invenzioni in armi mortali, siamo sempre stati bravi a giocare alla roulette russa con l'innovazione tecnica.....che Nuova Avalon si dimostri Utopica fino a questo punto?..... Il nostro ufficio di Cinematografia Patologica vigilerà d'ora in poi su questo qui a Nuova Avalon, con collaborazione e benestare del prof. Grampasso, ancora una volta al nostro fianco, dalla parte dell'Umanità...
Aaaaaah non ricordavo la presenza di Jessicona mia *___*
RispondiEliminaCome promesso sul mio blog, lo riguarderò presto, ero troppo giovane per comprendere!
Va' e rimedia ,o Babolla.Ne va del tuo buongusto cinematografico!
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